Fra le tante forme di deprivazione causate dal Covid e dai conseguenti lockdown rientra sicuramente l’impossibilità di recarsi fisicamente presso il proprio club per svolgere attività fisica.
A mio avviso, i crossfitter sono stati oltremodo penalizzati, probabilmente più dei frequentatori delle Globo Gym (prendo in prestito la definizione da Enrico). Ciò perché il CrossFit crea un esercito, i cui soldati diventano ben presto adepti convinti della disciplina.
Al di là delle capacità di marketing nella creazione di una formula vincente a livello globale da parte dei fondatori del marchio, intravedo i germi dell’approccio militaresco in vari elementi:
  • 1. L’uniforme: tutti, prima o poi, seppur con modalità e budget variegati, adottano l’abbigliamento del crossfitter: paracalli, parastinchi, ginocchiere, scarpe, magliette e pantaloncini brandizzati (nel nostro caso “BOX NR.1”). Ciò non tanto, o non solo, per supportare meglio le performance atletiche quanto perché si inizia a respirare un senso di appartenenza ad una comunità.
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  • 2. il codice linguistico, fondamentale in ogni approccio militaresco per cementare gli adepti su valori comuni: a partire dal WOD, ci si inoltra in un terreno scivoloso. Se le prime frequentazioni del box diventano frustranti alla lettura dei geroglifici impressi sulla lavagna, ben presto si inizia a familiarizzare con il codice, che diventa una forma di condivisione accessibile solo agli iniziati alla disciplina
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  • 3. Il rispetto degli orari ed il pagamento di un dazio (burpess “un tot per ogni minuto di ritardo”) in caso di violazione è un altro aspetto di un sistema di regole e disciplina!
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  • 4. Gli stessi canoni sono seguiti nella risistemazione del box a fine lezione. Non importa chi sistema cosa, l’importante è che sia tutto sistemato. Se un pezzo resta fuori posto, per senso di rispetto della comunità, il colpevole alza virtualmente il dito ed i commilitoni decidono, con i loro like, quanto dura debba essere la sanzione comminata.
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  • 5. Le regole intervengono, in modo leggero e goliardico, anche quando alla base c’è un evento positivo. Ed ecco che il compleanno di un partecipante alla lezione si trasforma in una serie più o meno lunga di burpess.
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  • 6. Il crossfit richiede grinta, che è il prodotto di passione e perseveranza. Il cibo di cui si alimentano i crossfitter è di natura motivazionale e psicologica:
    • a. L’interesse verso la disciplina, che lievita di giorno in giorno, come l’impasto di una buona pizza napoletana;
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    • b. La pratica, che spesso porta a forme di dipendenza a livello di “tossicodipendenza da CrossFit”: se non si esegue il WOD la giornata sembra vuota, o comunque mancante di una parte essenziale
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    • c. Lo scopo, che, nella mia percezione, ha a che fare con il “sentirsi bene internamente”. Non si pratica crossfit per pompare le vene dei quadricipiti da mostrare allo specchio (Non so se sia un caso, ma ci sono pochissimi specchi nel box, relegati in un angolino, o ricordo male?). Il post Wod, con gli annessi DOMS, scarica endorfine e ciò basta per stare bene. Certo, se poi arriva la tartaruga “six pack” sulla fascia addominale, la sensazione di benessere prende il volo!!
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    • d. La speranza, ossia quel tipo di perseveranza che, giorno dopo giorno, ci fa sentire maggiormente all’altezza della situazione o, nel peggiore dei casi, ci permette di sorridere di fronte ad Wod finito al di sotto delle aspettative.

In conclusione, il crossfit dal vivo fidelizza i suoi praticanti. Trasportare il senso di appartenenza e di comunità, con gli annessi aspetti motivazionali, su Zoom è molto complicato. Mi ha impressionato, ad esempio, rivedere Valentina, una delle più assidue e motivate frequentatrici del box, addirittura demotivata nell’accedere alla lezione su Zoom.
E’ vero che “Shit happens”, lo slogan che Forrest Gump, mentre pesta una torta a base di sterco di cane dona al vecchio, saggio uomo che gli chiede consigli di marketing per rilanciare il suo business dei “bumper sticker”. Ma prendiamo questo periodo come una parentesi, tornerà presto a splendere il solo; il mio coach di inglese termina ogni sua lezione con un mantra “smile at the setbacks. Keep moving forward and, with a positive attitude, you are bound to succeed”. I’ll see you in the boxNR1 soon!

Articolo a cura di Luca Cesare, caro amico di box nr.1 oltre che professionista alla guida della Democom, azienda specializzata nei settori del Capital Markets e Digitial
www.democom.it

 
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